Christian Swertz
Testo di una conferenza dell'autore. Edizione originale: Was das Medium mit dem Wissen macht : McLuhan und die Wissensorganisation / Christian Swertz. In: Information Wissenschaft & Praxis. 2003. 2 = NADOAW. 54. 2. 99-105
Traduzione di Delia Pitto e Paolo Baldi. Si ringraziano per le consulenze linguistiche Christiane Buechel, Lara Facchini ed Elvira Briccoli Bati.
Dalla finestra del mio ufficio vedo il cortile della scuola sperimentale di Bielefeld. E' l'ora della ricreazione e il cortile è pieno di bambini che corrono, si arrampicano e si dondolano. Diversi di loro si sono arrampicati sull'altalena, altri spingono o stanno intorno ai primi agitando le braccia. Una scena che suscita nella mia coscienza di pedagogo molte domande: perché c'e' un'altalena nel cortile della scuola? Cosa imparano i bambini durante la ricreazione? Cosa trova espressione nell'altalena? Quali contenuti culturali vengono trasmessi attraverso di essa? Che un' altalena sia diversa da un dondolo è cosa banale. Ma un'altalena, per es., in cosa si diversifica dai giochi per far arrampicare i bambini? Per dare un'idea dell'ampiezza delle domande che mi vado ponendo, citerò l'interpretazione del movimento proprio dell'altalena come metafora della nostra società meccanizzata, in cui ci spostiamo su macchine senza però compiere noi stessi dei movimenti. Gli adulti salgono raramente su un'altalena. Giocano con televisori, computer etc.. Questi giocattoli1 contengono, come l'altalena, un sapere implicito.Questo articolo tratta del sapere implicito nei media.
I media contengono un sapere esplicito e uno implicito. Il sapere esplicito è legato sotto forma di segno alla dimensione simbolica di un media. Il sapere implicito è incorporato nella dimensione fisica del media. La dimensione fisica contiene le regole del gioco in vigore per la recezione della dimensione simbolica. Tali regole entrano per lo più a far parte del mondo dell'abitudine. Per poter giocare in maniera ragionevole il gioco linguistico fra i media, è necessario rendere esplicite tali regole e di obbedirvi nell'organizzazione del sapere esplicito.
Per questo faremo riferimento ai lavori della Toronto School. Per il nostro quesito sono di grande rilevanza le ricerche di Innis e McLuhan, e, secondariamente, quelle di Postman e deKerchove. Data la particolarità dei lavori di McLuhan, è prima necessario comprendere le peculiarità della struttura mentale di questo autore per poterli comprendere appieno. La particolarità della struttura del pensiero di McLuhan fà sì che le sue ricerche, più che semplicemente recepite, debbano venir riformulate come fondamenti di una teoria dei media. Su questa base, nella seconda sezione di quest'articolo, presenteremo una definizione del concetto di media. Utilizzando tale definizione esporremo la prospettiva propria della Toronto school, sulla scorta della differenza proposta da McLuhan fra media caldi e freddi e delle definizioni di Innis di tempo e spazio mediali. Al termine discuteremo le implicazioni di tutto ciò per l'organizzazione della conoscenza.
Mcluhan è famoso per lo stile aforistico e per l'argomentare per analogie. Erzenberger osservava a questo proposito nel 1970 che McLuhan non è in grado di costruire una vera teoria strutturata. In realtà, come sottolineano le interpretazioni più recenti, McLuhan non avrebbe inteso esporre una teoria nel senso scientifico del termine, ma presentare un modo di pensare adeguato all'era dell'elettricità (Kloock/Spahr 2000: 41). La sostanza del messaggio di McLuhan consisterebbe proprio nel suo stile. Questa interpretazione, però, non ci sembra convincente. Se lo stile è il messaggio, che a sua volta trasmette una teoria, deve essere possibile esprimere lo stesso contenuto teorico attraverso una sua riformulazione in uno stile diverso. Ciò non è riuscito fino ad oggi. Si può quindi dire che l'affermazione di Erzemberg non è stata confutata. Ma se McLuhan non è stato in grado o non ha voluto costruire una teoria nel senso classico del termine, ciò può essere spiegato considerando la peculiarità della sua struttura mentale.
Le biografie di McLuhan sembrano dimostrare che egli è stato affetto per molti anni da una malattia mentale probabilmente cronicizzatasi. Pur con tutte le precauzioni che derivano dal basarsi su opere biografice, tenteremo qui una diagnosi dei disturbi psichici di McLuhan, al fine di chiarire se in lui manifestassero sintomi che possano aver influenzato anche la sua produzione scientifica. In particolare nella biografia scritta da Marchand2 ci sono riferimenti a disturbi dell'affettività, dell'umore, degli istinti e a sintomi psicotici come scarsa capacità di porsi dei limiti, a disturbi del ragionamento a livello formale e contenutistico. Manie di grandezza, convinzioni deliranti fino allo sviluppo di un sistema complesso di delirio, e tutte le particolarità comportamentali che da questi disturbi derivavano, trovano conferma in questa biografia. Per la nostra ipotesi di un'influsso negativo delle condizioni psichiche di McLuhan sul suo lavoro scientifico, sono di particolare interesse i sintomi psicotici.
Nella biografia di Marchands ci sono diversi riferimenti alla scarsa capacità di McLuhan di porsi dei limiti. McLuhan aveva la tendenza a raccogliere acriticamente enormi quantità di materiale utilizzandolo per dimostrare le proprie idee senza controllarne l'ordine e senza preoccuparsi dei dettagli. Scrive Marchands: " Il materiale da lui raccolto era così ampio che gli era impossibile arrestarsi e approfondire singoli aspetti o notizie" (Marchand 1999: 153). McLuhan, in effetti, raccoglieva intere casse di annunci pubblicitari che poi riempiva di note e commenti. Una di queste casse pervenne alla fine delgi anni '40 alla casa editrice di Mcluhan. Il lettore a cui erano affidati i suoi scritti trovò nella cassa un manoscritto di cinquecento pagine insieme a centinaia di giornali interi o ritagliati con aggiunta di commenti. Secondo quanto sosteneva McLuhan, si trattava dello 0,01% del materiale da lui raccolto (Marchand 1999: 60). McLuhan era evidentemente incapace di operare una selezione ragionevole.
Marchand riporta anche che McLuhan aveva la tendenza "a ripetere continuamente le proprie idee e 'percezioni' "(Marchand 1999: 314), fino a divenire decisamente logorroico. Era noto per parlare un'intera nottata anche quando gli ospiti si erano tutti addormentati (Marchand 1999: 264). Disturbi del comportamento di questo genere, da mettere in relazione a tratti psicotici, fecero la loro comparsa in vari eventi sociali, descritti ripetutamente da Marchand, nei quali McLuhan avrebbe avuto reazioni bizzarre. In certi momenti sembra che il nostro autore sia stato evidentemente ostacolato nelle sue relazioni sociali da disturbi mentali che arivavano a compromettere le conclusioni stesse dei suoi ragionamenti, il contenuto dei suoi pensieri. Quando McLuhan era convinto di qualcosa, agiva come se fosse completamente posseduto da quest'idea, e, una volta iniziatane l'esposizione, insisteva nell'argomentazione parlando senza sosta, non reagendo minimamente a sollecitazioni esterne anche esplicite, senza alcuna attenzione al contesto sociale.
Un esempio di questo atteggiamento si ebbe nell'ambito di un convegno sulle tesi di Fryes, fortemente avversate da McLuhan, durante il quale egli tentò di convincere uno dei pertecipanti, Flahiff, ad assumere e riportare nella discussione gli argomenti di McLuhan invece dei propri, parlandogli ininterrottamente per un tempo assai lungo. Flahiff raccontò che McLuhan era completamente rapito dalla discussione con Frye, "come se fosse posseduto da riti occulti" (Frye cit. in Marcahnd 1992 : 158). McLuhan non desistette dai suoi propositi anche dopo la reazione fredda e distanziata di Flahiff.
Un secondo esempio è una conferenza durante la quale McLuhan seguì il suo caratteristico stile espositivo, accostando fra loro in maniera asistematica fatti non dimostrati. Alle obiezioni di un rinomato collega, rispose:" le mie idee non le piacciono? Ne ho altre ancora" (Marchand 1999 : 192). Nonostante possedesse una buona capacità retorica, non era minimamnte in grado di ascoltare gli altri. Un partecipante ad un seminario raccontò che non vi fu modo di arrivare alla discussione, perché McLuhan tennne un unico grande monologo e interrompeva le domande dopo al massimo trenta secondi per riprendere l'esposizione delle proprie tesi. (Marchand 1999: 98).
Nel suo entusiasmo per il nuovo, McLuhan seguiva ciecamente ogni nuova idea e subordinava tutta quel che vedeva ad essa, sopravvalutando quindi la portata delle proprie intuizioni. Un tipico esempio di ciò è la sua convinzione di aver scoperto nell' epillio (una una forma più breve di epoca alessandrina del poema epico classico) il segreto per interpretare l'intera cultura occidentale (Marchand 1999: 153). In tesi di questo tipo si evidenziano convincimenti esagerati che sconfinano nel delirio.
La tendenza ad autoconvincimenti deliranti si esprime in asserzioni che non potevano essere contraddette e che erano obiettivamente lontane dalla realtà. La convinzione di McLuhan che le inserzioni private nei quotidiani contenessero messaggi circa i luoghi e i tempi in cui si svolgevano messe nere, va interpretata come un attacco di delirio. Una delle sue tipiche convinzioni misticheggianti e completamente lontane dalla realtà era che le società segrete compissero riti e liturgie per "mettersi in contatto con forze spirituali segrete che risiedevano in una realtà parallela eterna" (Marchand 1999 : 155). Anche l'opposizione dei colleghi accademici era considerata da McLuhan espressione del potere delle società segrete, che tessevano le proprie trame diaboliche anche nell'università. Egli considerava quindi un errore aver palesato le proprie teorie nei suoi scritti giovanili, perché ciò aveva messo sull'avviso le società segrete, che erano responsabili della sempre maggiore difficoltà che McLuhan incontrava a pubblicare i suoi scritti. McLuhan era assolutamente convinto che ogni ambito del mondo contemporaneo fosse domiato da società segrete elitarie (Marchan 1999 : 154 sgg.). In questo convincimento si nota la caratterizzazione paranoide del suo delirio.
La convinzione di McLuhan di aver ritrovato le idee delle società segrete nelle opere di numerosi scrittori può essere assunto come prova della successiva strutturazione dei singoli originari attacchi di delirio in un sistema delirante complesso. A ciò contribuì anche il suo forte interesse per la massoneria ed i suoi rituali. Era "pressoché posseduto dalla fissazione della massoneria" (Marchand 1999: 153). McLuhan era convinto che "la guerra civile americana era stata in realtà un contrasto fra la sezione massonica del sud e quella del nord" (Marchand 1999: 155). Il ritardo al giuramento di Kennedy venne da lui interpretato come un trucco del presidente cattolico per evitare il mezzogiorno in quanto momento cruciale per i rituali massonici. McLuhan imputava alla massoneria anche i propri fallimenti. Era per esempio convinto che i massoni controllasero le recensioni sulle riviste più importanti e ostacolassero il suo proprio progetto di rivista (Marchand 1999: 156). In questa sua avversità ai massoni si evidenzia quanto il delirio paranoide di McLuhan arrivasse a compromettere la sua attività speculativa.
Questo sistema di delirio ostacolava McLuhan anche nella sua vita quotidiana. Una lettera non veniva spedita se era la terza di una serie, perché McLuhan era convinto del potere del numero tre. Si rifiutava di partecipare a cene dove vi fossero 13 invitati (Marcand 1999 : 154), perché il numero degli invitati lo faceva sentire in pericolo. Questa paura è anche un esempio delle difficoltà affettive di McLuhan, causate dal suo stesso delirio. In tarda età il delirio lo portò a sviluppare convinzioni apocalittiche, una sorta di "nostalgia dell'apocalisse" (Marchand 1999: 340). Nel 1976 egli espresse i timore che la società si trovasse di fronte ad un imminente carneficina, peggiore di quelle compiute a Dacahu e Buchenwald. Egli credeva anche all'apocalisse come rivelazione di un ritorno del Figlio di Dio.
Se il quadro tracciato da Marchand è corretto, possiamo affermare che McLuhan era affetto da una malattia psichica che si andò vieppiù cronicizzando. Essa si esprimeva nei modi che abbiamo descritti, arivando a influenzare il contenuto stesso dell'attività speculativa di McLuhan, assumendo le forme di convinzioni deliranti a sfondo mistco-religioso di carattere evidentemente paranoide. Col passare del tempo gli attacchi episodici di follia si andarono trasformando in un sistema complesso di delirio che lo ostacolava nella sua esistenza quotidiana. L'eccessivo attaccamento alle proprie convinzioni è indice invece di una forma leggera di disturbo psichico a livello di strutturazione formale del pensiero. Tuttavia nelle biografie di McLuhan non si trovano accenni a a allucinazioni o a disturbi formali dell'attività fisica tipicamente schizoidi. Possiamo quindi escludere la presenza di psicosi schizofreniche.
I disturbi psicotici si manifestano in diverse forme. Frequente è un andamento alterno per cui nel soggetto si alternano fasi acute in cui la sintomatologia psicotica appare in tutta la sua evidenza e occupa pesantemente la gran parte della sua esperienza psichica, ad altre in cui tale sintomatologia rimane latente. Altri tipi di decorsi clinici sono caratterizzati da sintomatologie pressochè permanenti che tendono ad amplificarsi col passar del tempo. La gran parte dei soggetti psicotici si sentono ostacolati nel proprio potenziale cognitivo, con particolare riguardo alla flessibilità intellettuale, alla capacità di concentrazione e alla costanza. Tipica è la difficoltà a distinguere fra informazioni rilevanti e irrilevanti. Tutti questi sintomi possono esprimersi sia nella forma per fasi che in quella costante.
Purtroppo dal testo di Marchand non si riesce a individuare in quale di queste due forme si siano manifestati i sintomi psicotici di McLuhan. La forma continuativa sembra quella più probabile. Certo è che almeno una parte delle informazioni e delle esperienze venivano da lui rielaborate in forme deliranti, e in questi momenti egli riusciva ad esprimere un senso critico assai modesto. Ciò non dovette necessariamente compromettere le sue capacità scientfiche in ambiti non toccati dal suo delirio. E' certamente evidente che i pensieri di ambito mistico-religioso (le società segrete, la massoneria, ma anche la religione cattolica) assumevano in lui forme deliranti. Tratti deliranti connotavano anche i rapporti con i colleghi universitari, sicché ne risultava ostacolata anche la piena partecipazione al dibattito scentifico. Non è chiaro quali settori (che pure certamente ci furono) rimasero esenti dagli aspetti psicotici; come non sappiamo dire, per es., in quali aree della sua attività scientifica egli operasse con piena lucidità.
Dobbiamo assumere che McLuhan non abbia sempre pienamente disposto delle sue capacità critico-razionali. Anche se la malattià di McLuhan non ne ha compromesso la produzione scritta, dobbiamo accettare che le sue opere non possono essere lette come una teoria costruita in modo scientificamente raffinato. I suoi scritti devono venir interpretati criticamente e le tesi accettabili riformulate nell'ambito di una teoria dei media. Perciò è necessario fondare prima una definizione di media indipendente da McLuhan.
I media sono oggetti che gli uomini rendono segni. I media hanno una dimensione prammatica, una semiotica e una fisica. Queste dimensioni stanno fra loro in rapporto dialettico. Secondo Lay si può parlare di rapporto dialettico quando gli elementi coinvolti possono essere distinti pur non potendo sussistere indipendentemente e quando un cambiamento di un elemento implica sempre un cambiamento nell'altro (Lay 1996 : 18).
La differenza fra dimensione fisica e semiotica sta nel fatto che attraverso la dimensione semiotica può essere indicato qualcosa di diverso da quanto contenuto nella dimensione fisica (per es. nel segno 'albero'). Ciononostante, un oggetto fisico può essere riconosciuto come tale solo se può essere definito attraverso un segno, e allo stesso modo necessita di un oggetto fisico come supporto. La dimensione fisica delimita quella semiotica ma in questa sono contenute le regole per l'uso della dimensione fisica, in modo che un mutamento in una delle due dimensioni comporta un cambiamento nell'altra.
L'io dell'uomo non è autonomo dalla dimensione semiotica,e i segni non possono comunque essere utilizzati semplicemente secondo la propria volontà, se non altro a causa delle caratteristiche dei loro supporti fisici. Gli esseri umani necessitano di segni nel processo educativo, e i segni diventano tali solo grazie all'attività dell'uomo. Se l'uomo cambia i modi della propria attività, muta anche l'uso che egli fa dei segni. Quando i segni vengono mutati, per es. perché ne cambia l'utilizzo nel contesto sociale o perché vangono legati ad un diverso supporto fisico, ne risulta mutato anche l'uomo, che tali segni utilizza.
L'io dell'uomo non è identico alla dimensione fisica dei media. E le proprietà fisiche degli oggetti non possono essere mutate a piacere dall'uomo. Gli esseri umani hanno bisogno della dimensione fisica dei media nel processo di apprendimento. Gli oggetti fisici vengono portati alla dimensione di media dall'attività umana. Gli uomini possono apportare dei cambiamenti alla dimensione fisica dei media, vale a dire alle proprietà degli oggetti che ne delimitano l'utilizzo come media.
Poiché le tre dimensioni stanno fra loro in rapporto dialettico, l'analisi dei media deve tener conto di tutte e tre le dimensioni. McLuhan, però, ha indagato solo la dimensione fisica dei media, ignorando completamente quella semantica e quella prammatica.
Colla distinzione fra media caldi e freddi e fra effetto raffreddante e riscaldante dei media, McLuhan ha introdotto una terminologia adeguata alla comprensione della dimensione fisica dei media. Tuttavia McLuhan ha introdotto questa terminologia attraverso esempi e analogie, citando di volta in volta caratteristiche fra loro eterogene dei due tipi di media, non soffermandosi sulla costruzione di uno schema gerarchico e ordianto. Cercheremo qui di distinguere, sulla scorta degli esempi di McLuhan, fra ricchezza e povertà di particolari, fra il diverso numero dei sensi coinvolti, e fra specialità e serialità, linearità e paralleità.
McLuhan non si diffonde moltissimo nella definizione di media caldi. "un media è caldo quando amplifica uno solo dei sensi, ed è quindi abbastanza 'ricco di dettagli'. 'Ricchezza di dettagli' è lo stato in cui (un media) trasmette molti dati o particolari". (McLuhan 19641992 : 32). 'Ricchezza di dettagli' e 'amplificazione dei sensi' vanno riferiti solo alla dimensione fisica dei media, che per McLuhan è la sola rilevante. McLuhan non spiega ulteriormente il concetto di 'media caldi', ma fornisce una gran quantità di esempi. (Tavola 1)
Media più caldo | Media più freddo | pag. |
Radio | Telefono | 35 |
Fotografia | Caricatura | 35 |
Film | Televisione | 35 |
Alfabeto fonetico | Lingua parlata | 35 |
Alfabeto fonetico | Geroglifici | 36 |
Alfabeto fonetico | Ideogrammi | 36 |
Carta | Pietra | 36 |
Libro | Conversazione | 36 |
Radio | Giornale | 43 |
Giradischi | Televisione | 46 |
Fotografia, radio, film | Fumetti | 195 |
Radio | Televisione | 342 |
Libro a stampa | Fumetti | 352 |
Libro a stampa | Televisione | 352 |
Giornale | Televisione | 3533 |
Radio | Televisione | 356 |
Film | Televisione | 363 |
Libro a stampa | Manoscritto | 364 |
Sulla base di questi esempi si comprende che per McLuhan la differenza fra media caldi e freddi va intesa in modo relativo. Un media non può essere 'caldo' ma solo 'più caldo di un altro'; In tal modo si comprende perché il giornale è più caldo della televisione ma più freddo della radio. Le caratteristiche che determinano l'essere più o meno caldo o freddo sono la ricchezza di dettagli e il numero dei sensi coinvolti, come si evince dal seguente modello
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Un media è maggiormante ricco di dettagli di un altro quando restituisce un maggior numero di dettagli nello spazio fisico da lui utilizzato. Una fotografia coinvolge, come un fumetto, solo la vista, ma mentre un fumetto in un giornale ha un dettaglio di circa 50 lpi (lines per inch), la fotografia raggiunge i 1500 lpi circa. La fotografia, quindi, è più ricca di dettagli del fumetto ed è quindi più calda. La proiezione cinematografica è più calda della televisione, poiché l'immagine viene resa con una maggiore definizione e il suono con un più ampio spettro di frequenze. Il numero dei sensi coinvolti è il numero degli organi di senso (occhio, orecchio, tatto, equilibrio etc.) chiamati in causa per la fruizione di un dato media. La televisione coinvolge l'occhio e l'orechio, il libro invece, solo l'occhio; quindi la televisione è più fredda del libro. Un simulatore di volo coinvolge l'occhio, l'orecchio, l'equilibrio e il tatto ed è perciò più freddo del televisore.
L'essere lineare o l'essere parallelo dipende da come è strutturata nel tempo la percezione sensoriale che avviene attraverso i media nella loro dimensione fisica. Nei media lineari la percezione ha luogo come una serie di piccoli passi in successione cronologica. Nei media paralleli i contenuti vengono recepiti contemporaneamente. Questi due aspetti del concetto di media sono relativamente collegati alla distinzione fra media caldi e freddi.
La linearità come proprietà dell'alfabeto fonetico rispetto alla lingua parlata consiste nel fatto che le parole vengono smembrate in lettere messe in fila l'una dietro l'altra. Rispetto al libro stampato, la televisione è maggiormente parallela. Mentre in un libro una scena viene descritta come una sequenza, in televisione la scena viene presentata in un solo momento. L'efficacia di un media lineare è diversa da quella di un media parallelo. Mentre i media lineari offrono delle serie in successione, i media paralleli favoriscono immagini complessive. A questo proposito, McLuhan scrive: "La parola scritta si decifra in una sequenza temporale ciò che nella parola parlata viene dato subito e senza limitazioni" (McLuhan 1992: 97).
Un esempio di come agisce la linearità (che McLuhan trae da Lewis Mumford) è l'efficacia dell'alfabeto sulla percezione del tempo. L'alfabeto, attraverso l'ordinamento lineare delle lettere, realizza la percezione del tempo come durata e la misurazione di tale durata con gli orologi (McLuhan 1992: 170 sgg.). Un esempio dell'efficacia di un media parallelo è l'efficacia della fotografia sulla percezione del viaggiare rispetto a quella del libro stampato. La descrizione di un viaggio non offre alcuna rappresentazione adeguata di un luogo sconosciuto. Invece una fotografia risveglia l'impressione che il luogo nuovo sia già conosciuto. La fotografia fa sì che chi viaggia sperimenti raramente l'ignoto o il nuovo. I viaggiatori vedono cose che avevano già visto in fotografia. Le cose non traggono più dal viaggio alcuna distanza: appaiono esattamente tali quali si presentavano già a casa nelle fotografie. La fotografia e il viaggio genera la medesima immagine (McLuhan 1992: 229 sgg.).
L'interesse di McLuhan si rivolge ora all'effetto prodotto dai media caldi e freddi. Esso risulta opposto rispetto alla loro temperatura mediale: i media freddi riscaldano; quelli caldi raffreddano. Un esempio di ciò è dato dal confronto fra il libro stampato e la televisione. Il libro, rispetto alla televisione, è un media caldo, come si rileva già dalla ricchezza dei dettagli: la stampa raggiunge più di 1200 dpi (dots per inch), la televisione circa 50 dpi4.
Il linguaggio scritto della stampa, con l'alta definizione con la quale le lettere vengono riprodotte, è ricco di dettagli. Il fatto che le lettere siano molto dettagliate fa sì che alle lettrici o ai lettori non venga richiesta alcuna integrazione. Poiché l'unico significato espresso è quello percepibile con la vista, lettrici e lettori devono però aggiungere traendole da se stessi tutte le altre percezioni sensoriali, come per esempio i rumori o l'aspetto fisico dei personaggi nelle scene del romanzo. Ciò che non è visibile viene in certo qual modo separato. Dovendo trarre da sé molte integrazioni, e dato che le informazioni non sono presentate dal media, chi recepisce viene distanziato dal media stesso: si raffredda.
La televisione, rispetto all'alfabeto fonetico stampato, è un media freddo in quanto si rivolge al senso dell'udito e al senso della vista offrendo loro pochi dettagli. A causa della scarsità dei dettagli, spettatrici e spettatori sono costretti ad aggiungerne molti da sé. Devono completare l'immagine e il suono. Nello stesso tempo, spettatrici e spettatori vengono coinvolti nel media. Dato che la televisione si rivolge ai sensi dell'udito e della vista, il numero delle integrazioni personali è inferiore. Poiché il media deve essere completato, e dato che chi recepisce deve aggiungere meno informazioni traendole da sé, viene coinvolto nel media, diventa partecipe e, in tal modo, viene riscaldato.
McLuhan discute l'azione dei media caldi e freddi solo in rapporto alla cultura5 nella quale un media viene utilizzato od introdotto. A tale scopo, distingue fra culture esplosive e culture implosive. Nelle culture esplosive dominano i media caldi; nelle culture implosive dominano quelli freddi. Questa distinzione viene introdotta attraverso esempi (tav. 2).
Culture esplosive (domina il media caldo) | p. | Culture implosive (domina il media freddo | p. |
atomistica, continuativa | 22 | Forma, simbolo-immagine | 23 |
Uniformazione | Superamento dell'uniformazione | 29 | |
Conferenza | Seminario | 36 | |
Visione del mondo meccanicistica | Mito organico | 38 | |
Accentramento | Decentramento | 51 | |
Sapere atomistico | Coordinamento del sapere | 51 | |
Sottomissione al volere di grandi uomini | Sottomissione al proprio intelletto | 89 | |
Separazione fra pensare e sentire | Unità di pensare e sentire | 202 | |
Separazione fra lavoro e quotidianità | Connessione fra lavoro e quotidianità | 393 |
Con ciò McLuhan dà implicitamente per scontato che la temperatura del media dominante segna di sé la cultura. Storicamente, un cambiamento dei media dominanti conduce ad uno sconvolgimento culturale.
Le caratteristiche proprie di una cultura implosiva (come per esempio le realtà comunitarie autonome tipiche dei piccoli paesi) sono unitarietà e strutture decentralizzate. Una cultura esplosiva (per es. la società industriale) tende alla divisione e a strutture centrali. Ora, ciascuna delle due culture reagisce a ciò che si differenzia dal media dominante con accettazione e incomprensione (Tav. 3)
Media freddo | Media caldo | |
Cultura esplosiva | Incomprensione | Sopportazione |
Cultura implosiva | Accettazione | Incomprensione |
Un esempio è dato dal rapporto che si crea quando una cultura dominata dalla televisione si incontra con dei testi scritti. McLuhan scrive: "Essi [NDA: i bambini] si oppongono con tutti i loro sensi alla stampa e la stampa dei libri li respinge" (McLuhan 1992 : 352). Il media freddo televisione genera nei bambini, che la guardano molto, una cultura calda. Nel momento in cui tale cultura calda entra a confronto con un media caldo come il libro stampato, il risultato è l'incomprensione. La generazione della televisione cerca una piena partecipazione personale nella lettura di testi e si aspetta che susciti discorsi sfaccettati e contemporanei. Al posto di tutto ciò, invece, il libro stampato offre una presentazione univoca e lineare e interpella uno solo dei sensi: raffredda e si scontra con l'incomprensione.
Secondo McLuhan, ogni media ha un limite critico, raggiunto il quale il sistema passa all'improvviso in un altro media (McLuhan 1992 : 49-56). Egli tuttavia non formula questo processo in modo esplicito, bensì lo spiega attraverso tutta una serie di esempi. Il nocciolo degli esempi è il seguente: ogni media ha una proprietà dalla quale risulta una certa temperatura. Questa proprietà viene rafforzata quando il media diventa notizia di un altro media trasformandosi in un altro media: per esempio quando il telefono viene integrato in Internet. Attraverso simili combinazioni può scattare un cambio di temperatura: il media caldo diventa freddo e viceversa.
Con l'implosione appare chiaro il duplice significato della famosa frase di McLuhan: "Il media è la notizia". Da un lato vuol dire che in gioco è la dimensione fisica dei media e non la loro dimensione semiotica (il contenuto). Dall'altro vuol dire che un media ne contiene un altro.
Una caratteristica dei media discussa da Harold A. Innis è la separazione del sapere in spazi e tempo. I media pesanti, duraturi e difficili da trasportare favoriscono la distribuzione nel tempo; i media leggeri e facili da trasportare, ma non duraturi, favoriscono la distribuzione nello spazio (Innis 1997 : 95). Innis, come McLuhan, prende in esame gli effetti sulla cultura e, sulla base di numerosi esempi storici, afferma che i media più adatti alla diffusione temporale del sapere sostengono implicitamente le idee di durata, di religione e di potere politico decentralizzato, mentre i media più adatti alla diffusione spaziale del sapere favoriscono il rafforzamento dell'amministrazione, del diritto e del potere politico centralizzato.
Innis fonda questa tesi, fra l'altro, anche su di un'analisi dello sviluppo dell'Impero Romano. Nel 200 a.C., l'Egitto è sotto il dominio romano e questo garantisce all'Impero Romano una fornitura abbondante del papiro prodotto in Egitto. Questo è facile da produrre e su di esso si scrive facilmente; si trasporta anche agevolmente. L'uso del papiro favorisce nell'Impero Romano la codificazione delle leggi, la costruzione di un apparato amministrativo burocratico e la venerazione dell'Imperatore. I problemi di natura spaziale vengono messi al centro, mentre i problemi connessi al tempo vengono trascurati (Innis 1997 : 107). Il papiro mostra una durata di circa tre generazioni. La pergamena, in confronto, è per sua natura maggiormente durevole (Innis 1997 : 168). In questo periodo i Cristiani riescono a mettere su pergamena una vasta raccolta dei loro scritti. Nel 330 Costantino elegge Costantinopoli a nuova capitale e difende gli interessi della popolazione cristiana. In tal modo, sulla base della pergamena, si genera un contrappeso all'influsso della burocrazia.
Innis, con la sua esposizione, pone l'attenzione soltanto sulla dimensione fisica rappresentata dalla possibilità di trasporto veloce e dalla durata. Se si allarga la prospettiva alla dimensione semiotica, l'attenzione passa alla velocità di comunicazione.
Il significato dei segni risiede nella dimensione semiotica dei media. Il significato di ogni segno trasmesso nella dimensione semiotica varia con i segni che vengono utilizzati nel media. Meder descrive la strutturazine dello spazio sociale per mezzo dello spazio semiotico dei media come dipendente dalla velocità di trasferimento dei segni e dalla loro densità, ovvero come dipendente dalla domanda relativa a quanti segni possono essere trasportati per unità di tempo e a quanti significati per ogni segno possono essere trasportati (Meder 1995 : 12 sgg.). Come esempio egli cita le immagini che possono trasportare più significato per segno di quanto non facciano le lettere.
Ora, la velocità di comunicazione cala in misura direttamente proporzionale all'aumento dei significati per segno, in quanto aumenta il lavoro di codifica e di decodifica6. La velocità fisica di trasporto e la velocità semiotica di comunicazione sono quindi interconnesse tra loro. I media che sono particolarmente adatti alla diffusione del sapere nel tempo rivelano una durevolezza relativamente alta. In essi, di norma, viene esercitato un grosso lavoro di codifica e di decodifica e quindi possono essere trasportati solo pochi segni. Ciò esige un alto significato per segno e, pertanto, una ridotta velocità di comunicazione. I media che sono particolarmente adatti alla diffusione del sapere nello spazio rivelano una scarsa durevolezza e una alta velocità di trasporto. Il significato per segno può dunque essere mantenuto basso, il che conduce ad un modesto lavoro di codifica e di decodifica.
Se adesso si assume come costante il contenuto di informazione da comunicare, allora una ridotta velocità di trasporto unita ad una alta durevolezza richiede un alto significato per segno. Per dirla con Innis prendendo come esempio il Cristianesimo delle origini: "Ogni parola era riempita di profondo significato, di misteri e di forze magiche" (Innis 1997: 155). Al contrario, un'alta velocità di trasporto unita ad una ridotta durevolezza richiede scarso significato per segno. Questo, per esempio, è il caso della tecnologia delle reti di computer. Nel World Wide Web i segni non vengono salvati in modo duraturo nel sistema di chi interroga, bensì sono normalmente caricati di nuovo ad ogni interrogazione. La durevolezza in memoria è limitata. La tecnologia delle reti di computer, quindi, è adatta soprattutto alla diffusione del sapere nello spazio, non però nel tempo. Il significato profondo, i misteri e le forze magiche dei segni vengono immediatamente rarefatti dalla tecnologia degli elaboratori. Questo effetto si era già verificato con l'avvento del libro stampato rispetto al discorso orale. La tecnologia degli elaboratori lo aumenta ulteriormente.
Dalla teoria dei media qui esposta derivano parecchie conseguenze per l'organizzazione del sapere. Innanzi tutto va stabilito quanto segue: la dimensione mediale del sapere va tenuta presente nella riflessione scientifica e nella produzione professionale7 del sapere organizzato, poiché il sapere è costantemente legato ai media.
I contributi possibili della terminologia progettata per l'analisi scientifica della dimensione mediale dell'organizzazione del sapere sono immediatamente chiari. Rispetto al problema pratico di come il sapere debba essere organizzato, diverse strategie si delineano a partire dalla distinzione fra media, cultura (gruppo che condivide le stesse finalità) e sapere. Di norma, il gruppo con una finalità comune e il media sono dati: il contenuto viene adattato ad essi. Pensiamo, per esempio, a quando un giornalista televisivo realizza un reportage o a quando una scienziata prepara un articolo per un giornale: in questi casi si assiste ad un'anticipazione del processo di recezione ottenuto mediante strutture mediali divergenti, grazie ad un adattamento prevalentemente intuitivo dei contenuti che può in certi casi diventare abituale (per esempio in caso di volontariato giornalistico o, per le scienziate, in caso di seminari su "Le tecniche del lavoro scientifico").
Un esempio della scelta del media in relazione a contenuti specifici di un dato gruppo di interesse è la trasmissione di verità religiose. Se, per esempio, si vogliono trasmettere profonde verità religiose ad un gruppo di credenti, non è consigliabile un sito Web, bensì un rituale. Se invece si vogliono diffondere presso degli studiosi conoscenze scientifiche relative ad una religione, un sito Web è adeguato, ma richiede per garantire una recezione parallela uno stile appositamente concepito, per esempio inserire pochi brani di testo scritto e completare con rappresentazioni iconografiche (Nielssen 2000).
E' anche ipotizzabile la costruzione di media con una dimensione fisica mirata in modo tale che li renda adatti ad un contenuto e ad un gruppo di interesse. Un semplice esempio di ciò è l'allestimento di una mostra in un museo. Possibilità più complesse vengono aperte dalla tecnologia dei computer, nella quale un algoritmo può essere interpretato nell'uso come una dimensione fisica, sebbene non sia possibile uscire al di fuori delle proprietà elettriche e digitali dei meccanismi di Turing.
E' pur vero che si verifica "una falsificazione dei contenuti attraverso l'adattamento ai dati fisici" (Jaenecke 2000). Tuttavia, l'adattamento dei contenuti ai dati fisici, sulla base della posizione fin qui esposta, non può essere evitato poiché ogni media manifesta una sua dimensione fisica; non è quindi da considerare come un fatto negativo, bensì come un compito da affrontare. Si tratta di organizzare il sapere come vogliamo. Per far ciò tutte le dimensioni dei media vanno tenute presenti.
Il fatto che questo non sia un compito facile appare chiaramente in quello che ci scrive Jaenecke: "Ogni media ha il proprio ambito di applicazione per il quale è adatto; per tutto ciò che esula da tale ambito è o poco efficace o del tutto inadeguato" (Jaenecke 2000). Non si tratta però qui di trovare una soluzione, in quanto l'uso di un media esercita un influsso sulla nostra idea di "adatto". La Scuola di Toronto ha alla sua base un forte determinismo materiale. Questa posizione ha una portata troppo limitata e trascura momenti importanti delle strutture e dei processi mediali. Tuttavia, in essa si danno interessanti osservazioni: le nostre relazioni con noi stessi, con gli altri e con il mondo (Meder 1998) passano proprio i media e, come tali, soggiacciono anche all'influsso della loro dimensione fisica. Nell'uso di un media non possiamo sottrarci a tale influsso; i media sono un momento della grammatica del nostro gioco linguistico. La Scuola di Toronto, tuttavia, con la sua visione deterministica, sottovaluta la libertà che lo spirito umano dispiega nel gioco con e tra i media.
Enzensberger, Hans Magnus (1970): Baukasten zu einer Theorie der
Medien. In: Kursbuch (20), S. 159-186.
Innis, Harold A. (1997): Tendenzen der Kommunikation. Wien, New York.
Jaenecke, Peter (2000): Email an die Mailingliste wiss-org@bonn.iz-soz.de
am 21.12.2000
Kloock, Daniela; Spahr, Angela (2000): Medientheorien. 2. überarb.
Aufl., München.
Lay, Rupert: Das Ende der Neuzeit. Düsseldorf 1996.
McLuhan, Herbert Marshall (1992): Die magischen Kanäle. Düsseldorf
(u.a.).
Meder, Norbert (1995): Multimedia oder McLuhan in neuem Licht. In:
GMK - Rundbrief 37/38, S. 8-18.
Meder, Norbert (1998): Neue Technologien und Erziehung/Bildung. In:
Borrelli, M.; Ruhloff, J.: Deutsche Gegenwartspädagogik Bd. III. Hohengehren,
S. 26-40.
Marchand, Philip (1999): Marshall McLuhan. Stuttgart.
Nielssen, Jakob (2000): Erfolg des Einfachen. München.
Oevermann, Ulrich (1999): Theoretische Skizze einer revidierten Theorie
professionalisierten Handelns. In: Combe, A.; Helsper, W.: Pädagogische
Professionalität. 3. Aufl., Frankfurt am Main.
Swertz, Christian (1999): Computer als Spielzeug. In: Spektrum Freizeit
(2), S. 112-120.
1 Per la concezione dei computer - vale a
dire macchine di Turing digitali elettriche - come giocattoli cfr. Swertz
(1999).
2 I disturbi psichici di McLuhan vengono dimostrati qui basandoci sulla biografia scritta da Marchand. Marchand aveva accesso ai diari inediti di McLuhan. Per questa ragione la sua opera può essere considerata scientificamente ben fondata. Lo stesso Marchand riconosce la particolarità dello stato psichico di McLuhan e osserva che "McLuhan ha tratto vantaggio dalla propria fobia" (Marchand 1999: 154). Marchand utilizza il termine "fobia" in senso generico, senza le implicazioni che la parola ha nell'ambito scientifico psicologico.
3 Il fatto che il giornale venga giudicato una volta un media fredo e una volta un media caldo mostra quanto il discrimine fra media caldi e freddi vada inteso in modo relativo: paragonato alla radio, il giornale è freddo, ma confrontato colla televisione, invece, è caldo
4 La risoluzione di un televisore, tuttavia, non può essere valutata in dpi perché in tal modo il numero dei punti sullo schermo è dato indipendentemente dalla reale dimensione dello schermo stesso, mentre nel caso della stampa quanto più grande è la pagina, tanti più punti possono essere rappresentati. La valutazione in dpi consueta anche per quel che riguarda i monitor dei computer (per esempio, nel WWW si lavora solitamente con 72 dpi), è tuttavia riferita in massima parte alla proprietà della dimensione fisica del media.
5 Il concetto di cultura viene presumibilmente usato da McLuhan all'inizio come sinonimo di nazione, ma è pensato anche in un senso molto ampio come società, sub-cultura e individuo.
6 Le immagini televisive, con la loro alta velocità di diffusione e con un'elevata durevolezza, sembrano di nuovo aumentare tale differenza. Ora, un'immagine televisiva dura circa 1/25 di secondo: la sua durata, quindi, è relativamente limitata. Diversa è la durevolezza dei nastri video che però non sono così velocemente divulgabili.
7 Con attività professionale intendiamo qui, con Oevermann (1999) "il luogo sociale della comunicazione di teoria e prassi nelle condizioni date dalla razionalità scientificizzante" (Overmann 1999: 80), ovvero un'attività affetta da rischio e bisognosa di legittimizzazione scientifica.
Come il media modifica il sapere : McLuhan e l'organizzazione del sapere / Christian Swertz ; traduzione di Delia Pitto e Paolo Baldi ; a cura di Paolo Baldi, Delia Pitto e Claudio Gnoli || ISKO Italia -- <http://mate.unipv.it/biblio/isko/swertz.htm> : 2003.07.14 -